mercoledì 3 novembre 2010

OSPEDALE A RISCHIO PER LE EMERGENZE

Tratto da "Il TIRRENO" cronaca Piombino-Elba.

Ospedale a rischio per le emergenze

Parla l'esperto: serve una nuova progettualità che parta dai distretti
di Valentina Landucci
 PORTOFERRAIO. Fa discutere il caso del paziente ottantenne affetto da una grave patologia cerebrale costretto a rimanere sull'isola per un guasto all'elisoccorso nella notte tra il 19 e il 20 ottobre scorsi. Un episodio che, anche su iniziativa del Comitato Elba Sanità, riapre il dibattito sull'esigenza di garantire - in caso di guasti ai mezzi o maltempo - la presenza di strutture sanitarie in grado di assistere i malati.  Il tema è da tempo all'attenzione di Anspi, l'associazione nazionale sanitaria delle piccole isole. Una realtà che vede impegnati in prima linea i medici dei territori isolani che conoscono da vicino le problematiche delle proprie aree e costantemente si confrontano sulle strategie per assicurare ai cittadini adeguati servizi di assistenza.  Vice presidente nazionale dell'associazione e da anni medico all'Elba è Gianni Donigaglia, al quale abbiamo chiesto quale modello potrebbe essere applicato all'Elba. Il tema centrale, a suo avviso, è quello della continuità territoriale.  Intanto cosa non va nel sistema di assistenza nel caso dell'emergenza-urgenza sull'isola? «Il sistema è per certi versi migliore di quello di molte altre realtà anche perché inserito nel 118 toscano che è tra i migliori d'Italia. Credo che il problema non debba essere inquadrato tanto in termini di valutazione della bontà o meno del servizio offerto ma di fruibilità completa del sistema dell'emergenza. Vivendo su un'isola dobbiamo far fronte a disagi ineliminabili: siamo circondati dal mare. Ma ci possiamo organizzare in modo da rendere i servizi fruibili a tutti i cittadini, fare in modo che di fronte a un'emergenza vengano assicurati gli stessi livelli eccellenti di assistenza che il nostro sistema è in grado sistematicamente di erogare».  Qual è il modello al quale dovremmo ispirarci?  
«Non esistono modelli di riferimento. L'organizzazione dei servizi, per l'emergenza-urgenza ma anche per altri settori, a maggior ragione in contesti come i nostri deve fondarsi sul concetto di continuità territoriale. E con questo non mi riferisco solo ai trasporti ma ad un sistema complesso di rete di collegamenti che sia in grado di mettere in campo tutti gli strumenti utili ad abbattere il più possibile le barriere di isolamento che derivano dal vivere su un'isola. In questo articolato ci sta la creazione di una struttura in ospedale in grado di stabilizzare il paziente sul territorio, i collegamenti aerei, quelli navali con il continente e tra un punto e un altro dell'isola - le idroambulanze potrebbero in quest'ottica rivelarsi molto utili se ben integrate nel sistema- quelli su gomma interni e sul continente, ed ancora i collegamenti con gli ospedali di riferimento: occorre far dialogare le strutture tra loro e non solo quelle dell'azienda sanitaria livornese, in modo che il sistema, all'arrivo del paziente trasferito, per esempio, dall'Elba a Pisa, abbia già a disposizione le informazioni necessarie per intervenire sul paziente: qui l'implementazione di collaudati applicativi di medicina telematica - in grado di "muovere" rapidamente informazioni, immagini e dati clinici in genere - si rivela praticamente indispensabile. Infine si deve rimarcare l'importanza strategica delle strutture territoriali del Distretto, che devono essere efficienti, adeguatamente attrezzate e presidiate che si affianchino a un presidio centrale qualificato: l'integrazione tra ospedale e territorio è la base della continuità territoriale e la capacità di intercettare in modo appropriato il bisogno a livello territoriale è il primo passo per garantire servizi adeguati. E non mi riferisco solo all'Elba ma all'intero Arcipelago».  Come si possono raggiungere questi obiettivi?  «Dobbiamo essere in grado di produrre delle progettualità innovative e riorganizzare in senso generale la realtà elbana, per evitare che i servizi- così come sono adesso- vengano parametrati secondo criteri validi per il continente ma non per un'isola. Il rischio, altrimenti, è quello di assistere a un pesante intervento di riconversione dei presidi ospedalieri come quello ipotizzato per l'isola di Lipari e Pantelleria che, se attuato applicando sic et simpliciter certi criteri di misurazione di attività rischia di impoverire l'offerta di salute per le nostre popolazioni».  
 
2 novembre 2010

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